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Testimonianza di Giorgia

Sii gentile 

 

"Per favore, sii gentile con me. 

Per favore, sii gentile, perché non sono più me stessa. 

Per favore, sii gentile, perché sto cercando di gestire tutto questo.

Non chiedermi di comportarmi come la persona che entrambi conoscevamo. Sono morta fanciulla e sto rinascendo madre. 

La vecchia me non c'è più. E la nuova non so ancora chi sia.  

Come una guerriera dopo una battaglia, sono qui, mille ferite e nessuna armatura. 

Un giorno, non so quando, queste ferite saranno cicatrici, il dolore sarà memoria, 

e sarò più forte di quanto non lo sia mai stata.  

Ma fino ad allora, finché la guarigione non sarà completa, sarò più debole che mai. 
Piú di quanto tu mi abbia mai vista essere. Piú di quanto io mi sia mai vista essere.

Ora però lasciami solo un po’ di spazio e di tempo per essere debole. E sii gentile con me. Grazie."

 

Sono alcune righe scritte dalla neomamma che ero al resto del mondo. Scritte per chiedere al partner, a parenti, amici e colleghi questo: non aspettatevi che le neomamme che vi attorniano siano le stesse persone di prima. Non aspettatevi nemmeno che stiano bene. Stanno lottando tanto. Lottano per elaborare tutto quello che sta capitando nel loro mondo. Per dare tutto quello che hanno in un momento di grande fragilità fisica, mentale ed emotiva. Probabilmente stanno vivendo momenti di profonda gioia. Ma anche momenti di paura o addirittura di dolore.   

Mettersi a nudo e mostrare la propria vulnerabilita va di moda. E sapete che c’è? La trovo una moda intelligente. Perché aiuta ad abbattere stupidi tabù, che fondamentalmente non servono a nessuno, confondono falsando la realtá e alimentando aspettative fallaci. Quindi, anche se una parte di me ha paura di raccontarsi, faró anche io la mia parte, nell’intento di aiutare chi si è trovato nella mia stessa situazione. 

Scoprire traumi non ancora o non del tutto elaborati succede a più neomamme (e neopapà) di quanto sovente si pensi. È una grande chance per entrare in contatto con le nostre parti più profonde e andare a guarire quelle che ne hanno bisogno. Io stessa sono una di quelle non cosí rare donne che ha vissuto un forte scombussolamento psicologico ed emotivo dopo il parto. Traumi legati alla mia famiglia, in particolare ai miei genitori. Ferite che pensavo essere già completamente cicatrizzate, e altre di cui non sospettavo nemmeno l’esistenza, hanno (ri)cominciato a fare male. Ho preso coscienza di un certo malessere e disagio continui circa due mesi dopo la nascita del mio bebè. Non fraintendetemi: anche le prime otto settimane non sono state una passeggiata, con il mio corpo che si stava riprendendo dalla gravidanza e dal parto e una lunga degenza postnatale in ospedale. Per la prima volta stavo vivendo un misto di stupore e frustrazione, alle prese con aggiustamenti e la paura di non essere all’altezza del nuovo ruolo. Ma due mesi dopo il parto ho iniziato a sentirmi davvero giù di corda. Ho iniziato ad avere problemi con quasi tutti i membri della mia famiglia. Per una ragione o per l'altra reagivo con ansia e rabbia alla loro presenza, alle loro azioni, alle loro domande, richieste o constatazioni. Ero davvero fragile. Stavo lentamente realizzando che molte delle mie relazioni avevano bisogno di guarigione. E questo mentre stavo costruendo quello che è probabilmente il rapporto più importante della mia vita: quello con mia figlia, di cui – non dubitatene nemmeno per un secondo – ero già innamorata follemente. In un certo senso, al suo arrivo devo gran parte della mia guarigione. Se mi sono resa conto che in alcuni reconditi angoli del mio essere c’era del marcio da eliminare e della luce da fare entrare è merito del fatto che sono diventata la sua mamma. Rifarei tutto. Ma proprio tutto. Della mia storia non vorrei cambiare nulla. Vorrei fosse chiaro a tutti, e soprattutto, se un giorno dovesse essere lei stessa a leggere questo scritto, fosse davvero chiaro anche a mia figlia: la mia crisi è arrivata dopo il parto, ma non è dovuta al parto. Poteva anche subentrare nel caso di un altro impattante evento della vita.  

Grazie a un percorso terapeutico ho capito che anche la mia bambina interiore aveva bisogno di cure, di essere presa in braccio e cullata, mentre la versione adulta di me stava facendo lo stesso con la sua bimba. Il mio cammino alla ricerca di un nuovo equilibrio è durato circa sei mesi. Mezzo anno di amore e perdono, verso di me e l’universo intero. Sei mesi di lavoro su me stessa mentre mi stavo occupando (non senza il prezioso aiuto del mio compagno) ventiquattr’ore su ventiquattro, sette giorni su sette, della nostra cucciola. Più di una volta avrei voluto presentarmi al mondo con un cartello al collo: “Attenzione, fragile”. Così, magari, tutti avrebbero smesso di comportarsi come avrebbero fatto con la solita me. Le crisi sono bellissime  - ma questo riesci a dirlo solo a posteriori - opportunitá per crescere. Il nostro processo di guarigione lo possiamo avviare solo noi stessi. Nessuno lo puó fare al posto nostro. Solo le neomamme che stanno vivendo la situazione in cui mi sono trovata anche io possono iniziare il loro. Semplicemente, mentre loro sono all’opera, siate gentili, siate delicati, abbiate riguardo. Ci vuole tanta empatia e tanta pazienza, lo so. Grazie.