Logo weiss IT

 

Testimonianza di Francesca

« Desideravo così tanto diventare mamma: sognavo che l'essere genitore sarebbe stata un’esperienza di immensa gioia e amore »

Tutto è iniziato da un forte desiderio di diventare mamma, che finalmente si è avverato quel giorno del novembre 2021 in cui il test di gravidanza è risultato positivo. Ricordo che ero in pausa pranzo, nel bagno di casa, a guardare quella sottile linea rosa e mi chiedevo: “ma davvero? Non posso crederci”. Ridevo e piangevo allo stesso momento. Tutta la gravidanza è stata per me un momento di felicità in cui sognavo che l'essere mamma sarebbe stata un’esperienza di immensa gioia e amore.  

IMG-20220717-WA0013.jpg

Mi chiamo Francesca, ho due fratelli e siamo tre gemelli. Nostra mamma biologica si è tolta la vita 2 mesi dopo la nostra nascita e si presume abbia avuto una depressione post-partum. Mio papà poi si è risposato e per fortuna abbiamo avuto una figura materna che ci ha cresciuti.

« Pensavo di aver elaborato il lutto di mia mamma, ma le cose non sono andate proprio come me l’ero immaginata »

Da quando sono ragazzina ho sempre avuto paura della depressione post-partum e del suicidio, anche se speravo non capitasse a me. Dall'età di 16 anni ho infatti intrapreso un percorso di psicoterapia: pensavo di aver elaborato il lutto di mia mamma e mi ero finalmente convinta che io non sono come lei e che ognuno ha la propria storia, ma le cose non sono andate proprio come me l’ero immaginata.

Il termine della gravidanza era alla fine di luglio…io sempre felicissima, non vedevo l’ora di incontrare il nostro piccolo. Tutto era pronto, cameretta, vestiti, fasciatoio…
Passavano i giorni e ho superato il termine, mi sono quindi recata all’ospedale per eseguire il tracciato e mi hanno detto che non c'erano ancora contrazioni e di tornare dopo 2 giorni. Al mio ritorno ancora nulla, mi hanno allora proposto l’induzione e insieme a mio marito abbiamo accettato. Era un giovedì mattina, siamo arrivati all’ospedale e hanno iniziato con l'induzione. Nessuna contrazione fino a venerdì in serata. Venerdì sera si sono rotte le acque e da lì hanno iniziato i forti dolori. La notte di giovedì avevo dormito poco, quindi ero molto stanca e non riuscivo a sopportare il dolore, così ho richiesto di farmi la peridurale (sabato mattina verso le 3.00). Sono scesa in sala parto e Mattia è nato alle 14.14 di sabato 6 agosto 2022.

Quando me l'hanno appoggiato al petto ho provato una gioia immensa, ricordo che lo baciavo dappertutto e ho provato un benessere intenso. Ricordo di aver pensato che era il momento più bello della mia vita. Poi purtroppo Mattia ha avuto un problema respiratorio e non ho potuto tenerlo pelle a pelle come di consueto si fa. Per fortuna il problema respiratorio si è risolto e siamo potuti salire in camera. L’allattamento è partito senza problemi.

Ricordo che alzandomi per andare in bagno sono svenuta perché ho visto molto sangue, ricordo solo che dicevo “non voglio morire, non voglio morire”: avevo paura di fare la stessa fine di mia mamma.

« Tutto doveva essere perfetto e sotto controllo  »

La prima notte in ospedale non ho dormito, come nemmeno la seconda notte o la terza: per tutta la mia permanenza in ospedale ricordo che non riuscivo ad addormentarmi. Ero sempre preoccupata per il bambino, guardavo se respirasse, controllavo sempre tutto: qualsiasi cosa doveva essere perfetta e sotto controllo.

L'effetto del benessere dopo il parto è svanito e gli ormoni bruscamente sono calati. Ho inziato a sentirmi giù di morale e non felice. Continuavo a ripetermi in testa “ho paura di essere come mia mamma”, “ho paura di avere la depressione” e lo dicevo continuamente alle ostetriche.

Una sera affacciata alla finestra del 4° piano mi sono spaventata perchè ho pensato che se io e Mattia fossimo caduti da li saremmo morti. Ne ho parlato con l'ostetrica e mi ha chiuso a chiave la finestra.

Passavo da momenti di stanchezza estrema (non riuscivo a dormire) a momenti di iperattività in cui mi sentivo carica e piena di energia.

I medici hanno deciso di dimettermi e io ero felicissima di tornare a casa, ma ero stanchissima e mi sentivo strana, come in una bolla. Quando sono uscita dall'ospedale mi sembrava di essere su un altro mondo. Ho subito avuto un colloquio con la mia psicologa e le ho ribadito la mia paura di avere la depressione post-partum: avevo tanto bisogno di dormire ma non ci riuscivo, ero ossessionata dalla paura di essere come mia mamma.

La casa piano piano diventava sempre più disordinata, le ceste di vestiti iniziavano a strabordare e io non riuscivo più a gestire la casa, anche se non mi interessava del disordine, pensavo solo al mio bambino e all’allattamento. Mi ricordo che passavo le giornate a letto allattando e mi alzavo di tanto in tanto per mangiare.
Ricordo poi che ordinavo a mio marito quello che doveva fare e dovevo scrivermi tutto perché non avevo memoria. Alla fine ero talmente distrutta che mangiavo a letto, bevevo litri e litri d’acqua e sudavo tantissimo. Mi guardavo allo specchio e non mi riconoscevo più. Il mio corpo che per 9 mesi era stato tondeggiante e gonfio, tutto d’un tratto si era sgonfiato. Era così strano…

La mia ostetrica di fiducia era in vacanza quando ho partorito, ma continuavo a sentirla telefonicamente. Continuavo a chiederle se fosse normale il mio comportamento perché io sentivo che c'era qualcosa che non andava. Nessuno si era reso conto della gravità della situazione, mi dicevano soltanto che avevo bisogno di dormire. L'ostetrica che sostituiva la mia mi diceva che stavo passando la fase del baby blues.
Passavo dai momenti di iperattività a momenti di esaurimento e stanchezza estrema dove mi si chiudevano le palpebre e non riuscivo più a fare niente.

« Nessuno si era reso conto della gravità della situazione, mi dicevano soltanto che avevo bisogno di dormire »

10 giorni dopo il parto c'è stato il delirio. Mi ricordo che ho iniziato a strafogarmi di cibo e acqua (bevevo quasi 10 litri), mangiavo come un animale. Quel giorno in cui è successo il peggio alla sera ho iniziato ad avere delle convinzioni irreali: non capivo più cosa fosse la realtà. Ero convinta che stessi per avere un'emorragia e che mio padre stesse per morire (ho sentito anche le campane del suo “funerale”), non volevo che mio marito si allontanasse da me perché mi sentivo abbandonata ed ero convinta che la mia mamma biologica si fosse suicidata perché mio papà l'aveva abbandonata.

Durante la fase di crisi ero al telefono con la mia ostetrica e la mia psicologa che cercavano di calmarmi. Infine è venuto mio fratello a prendermi e ha portato me, mio figlio e mio marito al reparto maternità dell'ospedale. Li ho dato fuori di matto nel vero senso della parola. Ricordo che mio marito si è allontanato un attimo da me per prendere dell'acqua e io gli ho detto “mi hai abbandonata, ti ho detto di non lasciarmi mai”; poi ho iniziato a vedere tutto bianco attorno a me, non riuscivo più a uscire da questo incubo, sentivo le voci delle ostetriche che mi parlavano in maniera innaturale e tutto si ripeteva continuamente. Credevo di essere morta, mi ricordo che urlavo fortissimo e mi tiravo gli schiaffi perché volevo svegliarmi da quell'incubo, ma non riuscivo. Alla fine mi sono arresa e mi sono detta “allora è questa la morte” e mi sono lasciata cadere nelle braccia di non so chi.

Poi mi sono “risvegliata” da quell'incubo nel letto dell'ospedale, ho visto mio marito accanto e e gli ho detto: “ho fatto un brutto sogno” e lui mi ha detto che non era un sogno, ma che tutto era successo davvero. Gli ho subito chiesto se era anche vero che mio papà fosse morto e lui mi ha detto di no.
Si è presentato poi in mattinata uno psichiatra di picchetto che mi ha spiegato che avevo avuto un episodio psicotico e mi ha proposto il ricovero all'ospedale psichiatrico di Orselina. Ho accettato.

« Mi sentivo distaccata dal mondo. Tutto mi sembrava strano »

All’inizio mi hanno messo in una camera comune, ma non mi sentivo bene, avevo pensieri di morte, quindi hanno deciso con il mio consenso di mettermi per una settimana nel reparto protetto. Mi sentivo distaccata dal mondo. Tutto mi sembrava strano attorno. Vedevo gli infermieri e mi sembrava che si comportassero in maniera strana, ma ero io che non riuscivo a percepire la realtà. Durante il ricovero nel reparto protetto non mi è stato possibile vedere mio figlio. Ho sofferto molto di questo. Ho dovuto poi interrompere l’allattamento perché non si sapeva se il farmaco che assumevo fosse compatibile. I medici hanno iniziato a trattarmi con olanzapina e piano piano ho iniziato a stare meglio e a riconnettermi con la realtà.

Dopo una settimana nel reparto protetto mi hanno trasferita nel reparto comune, dapprima in una camera doppia poi in una singola. Ho finalmente potuto rivedere mio figlio. Ricordo quel momento come molto emozionante. 

Francesca_1.png

Dopo 3 settimane di ricovero (fine agosto) sono tornata a casa, anche se mi era stato consigliato di rimanere ancora una settimana perché sospettavano potesse subentrarmi una depressione post-partum. Ma io non ho voluto rimanere. Sono tornata a casa con mio marito e mio figlio. 

Abbiamo subito capito che avremmo avuto bisogno di aiuto e quindi siamo andati a vivere per un periodo dai miei genitori. Mia mamma mi aiutava con il bambino. Mi lasciava dormire la notte e si svegliava lei per dargli da mangiare.

Il ricovero in clinica mi ha ristabilito il ritmo sonno veglia e il ritmo alimentare che prima era sfasato. 

Dopo qualche mese passato dai miei genitori siamo ritornati a casa nostra e le cose sembravamo andare abbastanza bene anche se io non mi sentivo mai bene veramente. Dicevo sempre che non mi sentivo più me stessa. Ed ero sempre un po' triste e apatica.

« Mi sono spaventata tantissimo perché non riuscivo più a controllare i miei pensieri »

Una sera di dicembre mentre stavo dando il biberon a Mattia nella mia testa è entrato un brutto pensiero rivolto al mio bambino: “uccidilo”. Mi sono spaventata tantissimo perché non riuscivo più a controllare i miei pensieri. Ho subito chiamato l'infermiere che mi seguiva per raccontarglielo. Ne ho parlato anche con mio marito. Nelle settimane successive stavo sempre peggio. I pensieri erano diventati ossessivi e io non riuscivo a controllarli tanto che avevo paura che i miei pensieri diventassero reali. Non riuscivo più a stare da sola con mio figlio. Avevo davvero paura. Sentivo sempre come una pressione sul petto.

Quando mi sono resa conto davvero che non potevo continuare così ho deciso di andare al pronto soccorso, accompagnata da mio fratello. Mi ha visto una psichiatra di picchetto che mi ha dimessa con la diagnosi di “ansia non specificata”. 

La mia psichiatra era in ferie, ma telefonicamente mi ha aumentato il dosaggio del farmaco che prendevo. Le cose non sono migliorate. Infatti pochi giorni dopo ho deciso di ritornare al pronto soccorso dove questa volta ho chiesto di farmi ricoverare. E da quel giorno ho passato 3 mesi alla clinica Santa Croce di Orselina. I 3 mesi più tristi e bui della mia vita.

Per fortuna avevo una camera singola che mi ha permesso di poter vedere regolarmente mio marito e mio figlio (me lo portavano per 1 ora, 2 volte alla settimana circa).

IMG-20230223-WA0008.jpg

Mi sentivo giù di morale, spenta, ansiosa, preoccupata di non tornare mai più quella di prima. E pensare che prima ero una ragazza normale, mi dicevo. Mi sono chiesta tante volte come fosse possibile che fosse capitato proprio a me. Anche se ero distante da mio figlio mi capitava di avere ancora pensieri ossessivi verso di lui e questo mi faceva stare veramente male.

I medici hanno iniziato a trattarmi anche con temesta per tranquillizzarmi, ma non mi aiutava. Poi hanno iniziato a modificarmi la terapia farmacologica senza nessun beneficio. Dopo un mese circa mi hanno aggiunto uno stabilizzatore dell'umore (hanno ipotizzato che potessi essere bipolare) che mi rendeva stanchissima e a mio avviso non dava beneficio sul mio umore. Infine 1 mese prima dalla fine del mio ricovero mi hanno aggiunto un antidepressivo (Anafranil). Da quel momento ho iniziato a stare ogni giorno meglio: i pensieri ossessivi sono pian piano spariti e io sono di nuovo riuscita a vedere la gioia che da mesi non provavo piu.

Vedevo piano piano la luce.

Dopo 3 mesi di ricovero sono tornata a casa da mio figlio e mio marito, ma siamo restati per 4 mesi a casa dei miei genitori che mi hanno supportata e mi sono stato vicini. Ad agosto io, mio marito e mio figlio ci siamo trasferiti in un nuovo appartamento nello stesso paese dei miei genitori. Abbiamo finalmente ricominciato a creare la nostra famiglia, il nostro nido.

 Francesca.jpg

« Ora mi sento cambiata dentro. Mi sento più forte. Ho ritrovato di nuovo me stessa. »

Ho fatto davvero fatica in questi mesi, passando momenti bruttissimi e pensando di non riuscire a farcela: adesso posso finalmente dire "ce l'ho fatta". Ce l'ho fatta con la mia forza, con l'aiuto della terapia e dei terapeuti che mi hanno seguita e che mi seguono tutt'ora, ma anche con il supporto di mio marito, della mia famiglia, dei miei amici e di Depressione Post Partum Svizzera. Ero infatti entrata in contatto con l'organizzazione grazie ad un amica che mi ha girato il link del sito. A dicembre quando sono stata molto male ho chiamato l'Associazione e mi ha risposto Elena. Ho espresso il mio disagio e lei mi ha ascoltata in maniera molto professionale. Mi ha accolta. Non mi ha fatto sentire sola. Mi ha fornito diverse possibilità di aiuto e inoltre mi ha fatto conoscere una madrina che sento ancora adesso. La madrina mi ha aiutata molto anche lei a non sentirmi sola.

Sono grata a Depressione Post Partum Svizzera perché ha fatto parte e fa parte della mia rete di supporto insieme con gli altri professionisti e mi ha accompagnata nel mio percorso di guarigione.

Ora riesco finalmente a godermi il mio bambino. Riesco di nuovo a stare da sola con lui. Ci stiamo conoscendo giorno per giorno. Facciamo delle belle passeggiate insieme, andiamo in bicicletta, giochiamo insieme, leggiamo tanti libri e ci troviamo spesso anche con altre mamme e altri bambini.  

Spero che questa mia storia possa essere d'aiuto a chi sta passando un momento difficile nel post-parto. Non abbiate paura di parlare dei vostri pensieri, PARLATENE! Chiedete aiuto! Non siamo sole, fuori c'è una vasta rete pronta ad aiutarci!